giovedì 29 ottobre 2015

TERRE BASSE VALORI ANTICHI

Fiumi di parole e tanta comunicazione sul cibo e per il cibo hanno portato a concentrare l’attenzione di critica e pubblico sulla costruzione dei piatti, la qualità delle materie prime e l’indiscussa abilità di certi chef, capaci di far uscire dalle cucine architetture di sapori e colori impensabili fino a qualche anno fa.
Tuttavia, in tempo di Expo e del male e bene che se ne possa dire, è importante focalizzare l’attenzione su ciò che il cibo, nella storia recentissima di certe nostre realtà contadine lombarde, ha significato e continua a rappresentare; la famiglia contadina non andava certo in trattoria, tantomeno descriveva il cibo per il gusto di farlo e le ricette di casa erano il collante di un’intera comunità.
Nelle parole che seguono, non troverete quindi recensioni di ‘hostarie’ o finte botteghe, dove il vocabolo più abusato è ‘eccellenza’: nel microcosmo che ho avuto il piacere di visitare nei giorni passati c’è altro. Molto altro. Partiamo per Terre Basse, Associazione formata da Sette Comuni della provincia di Brescia, fatta da sindaci intelligenti e propositivi, al di là di bandiere e credo politico (www.comuniterrebasse.it).

Forse dovremmo cominciare a considerare una certa rinascita del cibo contadino; i piatti che ora giudichiamo poveri erano, in verità gli unici che le risorse della famiglia consentivano di poter usare per sfamare la piccola comunità.

Il pane prima di tutto, fatto rispettando i tempi di lievitazione e di lavorazione: il Pierino Barbieri a Corzano (www.barbieripanificio.it) lo fa come si deve, con un ceppo di circa cent’anni. Certo, con il lievito di birra il pane è più bello ma perde di sostanza. Nessun miglioratore se non la lecitina di soia, tanta voglia di lavorare e grande rispetto per qualità e salubrità. Venti tipi di pane sfornati ogni giorno e zero forzature di produzione come il panettone prodotto a settembre. Il grano pezzato per biscotti e grissini e scetticismo sul recupero dei grani antichi: si genererebbe un prodotto che costa moltissimo e non sempre le famiglie possono affrontare la spesa. La vendita di pane non conosce crisi al contrario delle braccia che servono per fare questo mestiere: pochissimi i giovani che vogliono seguire questo percorso per il quale la scuola professionale non prepara.
A  pranzo ci aspetta Vittoria dell’omonimo agriturismo (https://www.facebook.com/Agriturismo-Cascina-Vittoria-Corzano-Bs-221441564533291/), uno di quelli veri che non compra i sacconi di verdure surgelate e già grigliate: qui incontriamo i salumi che sono prodotti da capi allevati e macellati in casa nell’appezzamento che la famiglia possiede nel piacentino. Ottimi tutti gli affettati ma per noi c’è una prelibatezza: le rane e le bose fritte. Delle prime immaginiamo che sappiate già tutto, delle seconde vi raccontiamo: le bose sono piccoli pesci che vivono soprattutto nelle acque pulite delle risorgive – qui il territorio è ricchissimo di acqua – sono buonissimi, delicatissimi (la preparazione è certosina) e non hanno nulla a che vedere con i soliti pescetti di lago. Insomma, una meraviglia, cui hanno fatto compagnia tagliatelle al ragù di oca, polenta e dei dolcetti deliziosi. Andateci, davvero; ma per piacere lasciate a casa parole come location, comfort food, letti di…,spume e riduzioni: qui si fa da mangiare, bene, e non si apre se non si possono portare in tavola i prodotti della azienda agricola.  Roba per gente che ha voglia di scoprire seriamente le radici.
E, poiché non di solo cibo vive l’uomo ma nemmeno Ospiti A Tavola, il cibo per gli occhi e la mente non tarda ad arrivare:  la Pieve di Corticelle ( prima fondazione addirittura paleocristiana) ha, al suo interno,  una delle più belle, ingenuamente popolari  e affascinanti raccolte di affreschi della Madonna del Latte che abbia mai visto. Probabilmente erano ben più numerose, nel corso dei secoli parzialmente perse, ma sono ugualmente notevoli per quantità  e  alcune di esse hanno una dolcezza espressiva tale che solo il candore riconoscente e contadino poteva apportare all'intensità di queste  Madonne con  Bambino, probabilmente ex-voto.  Non potete perderla, davvero, qui i riferimenti http://www.amicidellapieve.org. E sempre perché queste  campagne nascondono davvero dei tesori fermatevi anche alla Madonna della Spiga di Quinzanello; qui trovate la informazioni  con le storie collegate http://www.storiadeisordi.it/articolo.asp?ENTRY_ID=357: un ciclo di affreschi che, purtroppo, abbiamo potuto vedere solo in facciata.
Un salto per la merenda con il pane con i ciccioli della Forneria Gagliazzi, così tanto per una corretta integrazione della nostra dieta: superlativa la focaccia https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=794808970608963&id=771955696227624.

Pensavate di non  cenare? Sbagliato. Alla Croce di Malta di Azzano Mella ci aspetta il paradiso in terra: a parte i salumi e i bolliti da provare (fortunatamente qui non in porzioni omeopatiche) in religioso silenzio, è la ‘minestra sporca’ con rigaglie di pollo e fegatini che è un anticipo di Eden in terra; piatto contadino e di pochi ingredienti (gallina con fegatini e rigaglie, verdure, riso o pastina) ma potente,  una di quelle pietanze che quando sei fuori di te ti riconcilia col mondo, con l’acerrimo nemico e pure con l’avvocato divorzista dell’ex.. Sublime. Se non vi piacciono i fegatini è un vero peccato. Le carni, poi; una morbidezza quasi liquida che rilascia a ogni boccone umori colmi di  appagante sapore.
Da Cazzoletti a Mairano il mattino seguente, abbiamo colto le zucchine (a dire il vero abbiamo fatto la scorta di fiori di zucchina da portare in dote, come captatio benevolentie, alla trattoria fissata per il pranzo); qui si producono meloni, zucchine e radici che viaggiano per tutta l’Italia.
A Barbariga un piccolo e perfetto esempio di ‘tradizione recuperata’ che diviene impresa di successo e crea posti di lavoro: si parla di Donne imprenditrici. Letizia qualche anno fa recupera la ricetta del Casoncello di Barbariga, comincia a produrlo per la vendita  con qualche volonterosa lavorante e ora ha coinvolto nella sua attività marito, due figli e altre diciannove persone; qui si lavorano circa 2000 dozzine di Casoncelli al giorno ( a Natale si arriva a 8000 dozzine). Quando l’interpretazione coraggiosa della tradizione diventa occasione di occupazione: si comincia alle sei del mattino e si smette intorno alle due: le lavoranti sono solo ed esclusivamente donne che dopo l'orario di lavoro riescono ad occuparsi anche delle famiglie; così  si concilia l'occupazione, il reddito e l'intera comunità rinsalda le proprie radici.http://www.ilcasoncello.com
Le farine giuste per polenta da Coffinardi http://www.lagranderuota.it o da Alloisio ( a Barbariga): più artigianale di così non si può.

Contaminazione. Ri-scoperta ora? No, la nostra nazione è proficuamente contaminata in cucina dagli albori dell’umanità. Quindi che senso ha parlarne ora? La Cucina Italiana è il più appetitoso esempio di contaminazione esistente. Parliamo  di Bariloca: mi ha entusiasmato. Questa (con beneficio d’inventario) la storia: si tratta di un patto corposo e unico a base di gallina in umido, funghi chiodini e riso. Ha origini antiche legate all’estesa coltivazione del riso praticata fino a due secoli fa nella zona: alla metà del ‘700 i contadini attribuirono a essa l’elevata mortalità e distrussero gli argini dei campi. Nello stesso periodo gli zingari si spostavano di abitato in abitato, spesso arraffando ciò che riuscivano per mettere insieme il pranzo con la cena. Da qui gli ingredienti di questo gustosissimo piatto: riso, chiodini (che venivano raccolti nei boschetti) e gallina, possibilmente rubata. Rubata e cotta in umido, unita poi al risotto e ai chiodini, fatto sobbollire il tutto per qualche minuto e servito caldissimo. Da estasi, se siete meno fiscali potete usare i porcini, il risultato sarà ancor più nobile. La Bariloca la mangiate sempre a Barbariga alla trattoria Cavallino: Giacomo Gherardi detto Piero eredita la ricetta dalla suocera che, a sua volta, l'aveva avuta da una donna del paese. Recuperata e riproposta diventa un piatto stagionale, insieme ad altre  ricette come l'oca con la verza. Noi l'abbiamo accompagnata con le diverse birre Trami, molto interessanti. Il locale è una vera trattoria osteria senza l’acca davanti dove entrate e sono tutti uomini che hanno lo sguardo compiaciuto e benevolmente distaccato di chi queste meraviglie le mangia da sempre. La figlia Elisa è la giovane e promettente pasticciera. Qui i riferimenti http://www.comuniterrebasse.it/luoghi-del-gusto.html?id=103

A Dello invece non perdete la Pasticceria Dordoni, locale storico e gestito dalla famiglia: ogni componente ha un ruolo, da pasticcere a panificatore a esperto di tè; un salotto goloso e rilassante, la Torta Margherita è il loro cavallo di battaglia www.dordoni.it
Nel frattempo cercate di Palazzo Beluschi: se il proprietario è in casa vi racconterà volentieri la storia della magione incompiuta.
E, nel caso non vogliate assolutamente rinunciare a una cena elegante il Ristorante Gaudio (sempre a Barbariga) è il posto giusto.  Personale gentilissimo, tavoli distanziati per non  disturbarsi, servizio corretto.
Ovviamente meno autenticamente locale la cucina, comunque curata e  accurata  professionalmente  www.ristorantegaudio.it

Grazie  a Raffaella Brognoli, Riccardo Lagorio, Pietro Arrigoni.

Elena Miano 
29 Ottobre 2015

Altri indirizzi utili:

giovedì 8 ottobre 2015

CONCORSO INTERNAZIONALE ENOLOGICO VINITALY - LE PREMIAZIONI


Nella Sala Symposium del Terrazzo del Padiglione Vino – A taste of Italy consegna dei Premi speciali, delle  Gran Medaglie d’Oro e delle Medaglie d’Oro del 22° Concorso Enologico Internazionale di Vinitaly, svoltosi dal 12 al 16 aprile scorsi. Nel 2016 la competizione più prestigiosa al mondo torna prima di
Vinitaly.
Verona, 6 ottobre 2015 – Il gotha dei produttori italiani e mondiali riuniti all’Expo, nel Padiglione del vino, per la consegna, domenica 11 ottobre, dei Premi Speciali, delle Gran Medaglie d’Oro e delle Medaglie d’OrO del 22° Concorso Enologico Internazionale di Vinitaly. La competizione, la più importante e selettiva al mondo, si è svolta dal 12 al 16 aprile scorsi, proprio dopo il Salone Internazionale del Vino e dei Distillati di Verona, per offrire ai vincitori l’esclusiva vetrina dell’Expo.
Sul terrazzo del Padiglione Vino – A taste of Italy (www.vino2015.it), nella Sala Symposium, a partire dalle ore 11,30 presentazione dei risultati del concorso, con quasi 3.000 vini iscritti, dei quali 2.585 ammessi a giudizio, e la cifra record di 32 Paesi partecipanti, tra i quali per la prima volta Svezia, Giappone e Taiwan. A seguire la consegna dei premi speciali a iniziare dal Premio Speciale Banco Popolare, assegnato al vino italiano che in assoluto ha ottenuto il miglior punteggio tra i vini di tutte le categorie previste dal regolamento. Si prosegue con i Premi Speciali Denominazione di Origine, il Premio Speciale Nazione e il Premio Speciale Gran Vinitaly, andato quest’anno a un’azienda italiana.
Nel pomeriggio seconda sessione di premiazioni spumeggiante, con i vincitori di Gran Medaglia d’Oro e Medaglia d’Oro delle categorie Vini frizzanti e Vini spumanti, mentre la terza sessione prevede la consegna dei premi delle categorie Vini bianchi, Vini rosati, Vini rossi e Vini dolci e liquorosi.
L’anno prossimo la competizione internazionale tornerà a svolgersi, come da tradizione, prima di Vinitaly e i vincitori potranno promuovere i loro vini già in occasione della rassegna (10-13 aprile 2016 – www.vinitaly.com), che nel 2016 celebrerà i suoi primi 50 anni.
A seguire, elenco dei vincitori dei Premi Speciali, delle Gran Medaglie d’Oro e delle Medaglie d’Oro del 22° Concorso Enologico Internazionale di Vinitaly.

L’elenco completo dei vincitori di medaglia e Gran Menzione su 
www.vinitaly.com/concorsoenologico

Elena Miano
8 Ottobre 2015




giovedì 1 ottobre 2015

CI PRENDIAMO UN CAFFE'?


Ho sempre avuto una passione per il caffè, lo ‘ rubavo’ a mia madre quando ero piccola, alle medie grande orgoglio per le prime tazzine tutte mie, da adolescente partivo per il collegio con la scorta dei barattoli ( cinque anni di liceo, tre caffettiere distrutte, ma si sa, era l’età), decilitri per lo studio in notturna all’università; eppure, ancora adesso, sono contrariata quando bevo un caffè cattivo al bar.
Quindi, quando l’efficiente ufficio stampa della Lucaffè mi ha proposto una visita all’azienda, ho accettato con gioia e molta curiosità. Eh sì, perché bere volentieri il caffè, non sempre significa conoscere le diverse qualità e i procedimenti di lavorazione; sono stata doppiamente fortunata perché qui è il buono che conta.
L’azienda di Gian Luca Venturelli ha sede a Carpenedolo in provincia di Brescia; nata come piccola realtà familiare nel 1996 ha fatto della qualità, ma soprattutto della salubrità di prodotto, il focus aziendale, impiegando ingenti risorse nella ricerca della migliore lavorazione possibile volta a preservare le caratteristiche positive del  caffè.
Prima di cominciare questa avventura Gian Luca ha viaggiato attraverso paesi e piantagioni, selezionando quelle produzioni che meglio aderivano al suo progetto imprenditoriale. Se le principali grandi famiglie del caffè sono genericamente divise in Arabica e Robusta, molte di più sono le varietà coltivate sul nostro pianeta, diverse per aroma, colore e dimensione dei chicchi: dalla pregiatissima Giamaica Blue Mountain a quella portoricana, brasiliana o etiope.
Il filo conduttore della lavorazione è la volontà di proporre un prodotto sano e che fa bene, un caffè da capire come afferma Gian Luca.
Quando i grandi sacchi di caffè arrivano in azienda (eccezion fatta per il Blue Mountain che viaggia in piccoli barili di legno – bellissimi) il primo esame cui viene sottoposto il prodotto è la cernita dei chicchi, severissima nonostante provenga da piantagioni selezionate. La torrefazione qui è condotta in modo da esaltare non solo la qualità del caffè ma anche le sue caratteristiche positive: il chicco non viene trattato in modo aggressivo ad alta temperatura ma compie più passaggi in modo da tostare gradualmente senza bruciare. In seguito altri controlli di selezione fanno arrivare alla macinatura solo i chicchi perfettamente tostati: la polvere viene poi dosata (con grammature generose) per essere sigillata in cialde. Qui vale la pena di porre  nuovamente   l’accento sulla grande attenzione che questa piccola azienda mette nel benessere di chi beve un caffè e non solo. Le cialde, infatti, sono di purissima cellulosa vergine, sbiancate con ossigeno, quindi perfettamente biodegradabili,  protette dall’azoto che mantiene inalterato il gusto.
Anche la produzione della miscela decaffeinata segue gli stessi principi di salubrità: molteplici passaggi in acqua per abbassare gradatamente il livello di caffeina, e un caffè buonissimo.
Ma la mia personale scoperta è stata il caffè verde: non una particolare qualità di caffè, semplicemente chicchi  non tostati ma  essiccati. Il caffè verde contiene preziosi elementi quali l’acido clarogenico, l’acido quinico, le vitamine minerali e i polifenoli. Soprattutto questi ultimi, i polifenoli, sono importanti nel nostro organismo in quanto, una volta assimilati,  interagiscono con la nostra biochimica attivando e regolando numerosi aspetti funzionali, che includono anche il sistema cardiovascolare.
Lucaffè produce cialde di caffè verde in percentuale quasi del 25% (il caffè non tostato risulta di per sé particolarmente astringente e non tutti sarebbero in grado di apprezzarlo - studi scientifici hanno dimostrato che dopo ogni consumo la pressione sistolica del sangue e l’elasticità arteriale si erano ridotte sensibilmente, senza alcun cambiamento nel consumo energetico).
E ultimo ma non ultimo, per gustare al meglio queste cialde si producono anche le macchine, dalla più piccina a quella da bar o ristorante; La Piccola, questo il nome dell’azienda, costruisce macchine da cialda con componenti solo ed esclusivamente italiane e con materiali di qualità, il serbatoio dell’acqua non è in plastica (in azienda non è presente in nessuna fase della produzione) bensì in vetro molto spesso, nella camera di  calore a pressione l’acqua viene in contatto con l’argento purificandosi e mantenendo inalterato il gusto.
Insomma, nulla viene trascurato per far sì che bere la nostra tazzina quotidiana sia un piacere anche buono.
I gusti sono tanti ma se volete sapere qual’è il vostro c’è una scatola che li contiene tutti, persino uno alla nocciola, nel caso che vogliate acquisire un vizio in più…

Elena Miano
1 Ottobre 2015

Info per la stampa: Dott. Riccardo Lagorio  taullspain@tin.it                                     Info per il pubblico:  www.lucaffe.com